Con la quarantena obbligatoria a causa del covid-19, abbiamo notato come siamo ancora in ritardo su banda larga, didattica a distanza, piattaforme e competenze. Serve un nuovo approccio culturale ed è arrivato il momento di pensare a nuovi modelli di città ed innovazione sociale.
Questa pandemia ha mostrato ritardi e difficoltà nel garantire quella continuità che forse con un cambio culturale profondo e determinato, avremmo potuto gestire con meno interrogativi e maggiori affermazioni, quindi risposte.
La quarantena del covid-19 sarà ricordata come quel periodo in cui abbiamo più volte sentito parlare con parole inglesi come smart working (lavoro da casa/a distanza), elearning (didattica da casa/a distanza) e webinar (formazione da casa/a distanza) presenti anche prima, ma sempre poco considerate. Possiamo dire che sono tornate di moda.
Va detto però che per creare un nuovo piano di sviluppo basato su questi principi, bisognerebbe ripensare alle nostre città e renderle davvero intelligenti, sia nei modelli sociali che nelle nostre abitazioni. Un ruolo determinante in tal senso lo hanno di certo gli insegnanti ed i formatori professionali che possono influenzare l’apprendimento e l’informazione verso una nuova visione.
Il post emergenza sta diventando un pensiero fisso per tutti che stremati dalla reclusione obbligatoria vogliamo tornare ad abbracciare le nostre abitudini. Le imprese iniziano a sentire il peso della chiusura, i lavoratori stanno iniziando ad avvertire l’assenza di lavoro ed il conseguente guadagno, con quelle incertezze che potrebbero influenzare negativamente sulla vita. In ogni settore l’augurio è che si possano trovare le condizioni per recuperare in fretta il terreno perduto in queste settimane e salvare quello che potrebbe rivelarsi in termini di bilancio un anno disastroso.
Da questa crisi si potrà uscire soltanto ripensando ad un nuovo modello di città in cui viviamo e non cercando di aggiungere ed obbligare l’utilizzo di strumenti digitali su modelli territoriali e sociali strutturati nel passato: troppo tradizionali, rigidi ed inefficaci nel gestire la complessità. Abbiamo bisogno di una trasformazione digitale che non sia legata esclusivamente al superamento di un’emergenza temporanea, ma di territori in cui gli spazi fisici siano integrati con ambienti digitali, sicuramente più flessibili ed in grado di migliorare la qualità della vita di ognuno. Tale ri-progettazione ci permetterà di affrontare meglio eventuali emergenze.
Nell’utilizzare un altro termine inglese che si aggiunge ai tre precedenti, si può dire che abbiamo bisogno di una smart city ovvero una città intelligente in grado di gestire le risorse in modo altrettanto intelligente: attenzione alla qualità della vita ed ai bisogni dei propri cittadini. Una città in cui una grande quantità di dati potrebbero alimentare servizi più evoluti ed in tempo reale così da permettere a qualsiasi amministrazione comunale una gestione più efficiente. Una visione sociale di lavoro e apprendimento come strumento di autonomia personale e sviluppo di una comunità: scuole, territorio, luoghi pubblici, case ed ambienti digitali.